sabato 22 agosto 2009

Dove va l'economia?

Questa irrazionale, esuberante euforia che ha ammantato gli indici di borsa non lascia presagire buone cose. Si è sempre detto che la fiducia è un ottimo motore per l'economia, ma francamente i dati che dovrebbero aver acceso il motore della fiducia sembrano quelli di una vecchia Fiat 126 piuttosto che quelli di una Lamborghini.
Carriole di articoli compaiono su quotidiani, magazine, blog, forum, venditori di fumo, nelle botteghe come questa. Soltanto il caldo e l'imminente inizio del campionato possono avere la meglio sull'opinione pubblica.
Vediamo pochi dati: è vero che negli USA le vendite di case aumentano, e tanto (sembra), ma è anche vero che la disoccupazione tocca vette inimmaginate (soltanto in California ha raggiunto l'11,9%), che il debito pubblico USA tende ad aumentare e che i bond governativi in dollari scontano un incrementale rischio paese. Guardate il grafico qui sotto:

L'Euro corre sul dollaro e sullo yen: esportazioni in pericolo? E' proprio quello che ci vorrebbe con i tempi che corrono. Si rafforza persino l'oro, che generalmente tende a calare in periodi di forti positive reazioni borsistiche. Insomma, tutto ciò mi fa pensare che forse l'inflazione è pronta a rompere le catene e a uscire dalla gabbia in cui è stata rinchiusa.
L'altro indice, che seguo quotidianamente, è il Baltic Dry Index che mostra il costo del movimento delle merci e materie prime, ovvero come gira l'economia c.d. reale, quella che produce, vende e trasporta cose (qui, invece, una meno istituzionale presentazione dell'indice da parte di Daniel Gross e qui, infine, tutti i grafici con cui sbizzarirsi ); tale indice - dopo incorraggianti segnali di ripresa seguiti alla caduta verticale dell'inverno scorso -da qualche tempo ha ricominciato a scendere. A destra, potrete trovare il nuovo ticker prelevato da wikinvest.
Insomma, oltre gli ottimismi governativi, c'è di più, ovvero molta incertezza.

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lunedì 17 agosto 2009

Pensieri artritici sulla situazione economica

Baltic dry index (indice dei noli marittimi e termometro efficiente della salute della produzione e dei trasporti) : settimane difficili, con cali vicini ai crolli verticali di ottobre 2008. Ultimi giorni con qualche speranza di ripresa.

Francia e Germania sembrano tirare su la testa e camminare (lentamente, ma camminare). Hong Kong e il Giappone dovrebbero vedere i propri pil crescere (modestamente, ma crescere) nel trimestre di riferimento.

Il dollaro tiene. Rischi maggiori: crash bancari negli USA: quanto è grosso il buco di Colonial? Corrispondono al vero i gossip su Bank of Montreal? L'inflazione è ancora lontana.

L'euro galleggia. Rischi maggiori: banche e disoccupazione. Banche baltiche ancora sull'orlo dell'abisso? Non si può negare che i governi locali stiano sforbiciando le spese. Esposizione banche tedesche e italiane: ancora un mistero, sembra. Disoccupazione: se anche la recessione rallenta, non rallenta invece l'emorragia di posti di lavoro. La semplice equazione disoccupazione=meno spesa/consumi porta alla banale conseguenza di rischi per le aziende (la Marcegaglia l'ha detto chiaro e tondo) e per il gettito fiscale. Lo scudo farà rientrare poco più di bruscolini.

Oro e petrolio: stabili dopo le fiammate, in attesa di capire se si parlerà di ripresa (allora petrolio su, insieme con i listini di borsa) o di falso recupero (allora sarà l'oro a salire). L'oro potrebbe anche salire in caso di accenni inflattivi: insomma, certamente non dovrebbe calare.

Inchiesta BBC sulla crisi: "taking the pulse". Ottimo spunto, come al solito, e storie che forse non guadagnano la prima pagina delle notizie economiche, ma che compongono il difficile puzzle attuale e, anzi, aiutano talvolta a decrittarlo.

lunedì 3 agosto 2009

La fame è il nostro business

"Le Borse volano", classico titolone da spiaggia. L'S&P 500 tocca quota 1000 e tutti sembrano contenti. Ma i problemi seri sono dietro l'angolo: l'inflazione, per esempio, magari spinta dall'incremento del prezzo del petrolio e di tutte le commodities e dai debiti statali che crescono; lo stesso caro-petrolio, che certamente non aiuterà una ripresa offuscata da un grosso punto interrogativo. Ovviamente, c'è chi - come Nouriel Roubini, uno dei maggiori vaticinatori della crisi - pensa invece che l'aumento del prezzo delle materie prime potrà portare a vedere la luce in fondo al tunnel.
Insomma, di certezze ce ne sono poche, come al solito. Il cibo, però, non tradisce mai: servirà sempre, e sempre di più. Nel corso del 2008 tutte le commodities agricole hanno visto impennarsi il prezzo; lo zucchero vede oggi raggiungere il massimo del valore da vent'anni a questa parte.
E intanto, in nome della coltivazione delle commodities, si combattono guerre, per ora diplomatiche e giuridiche e non ancora sanguinosamente violente. Su La Stampa di oggi compare la traduzione di un interessante articolo tratto da Der Spiegel (il titolo di questo post trae appunto spunto da qui) che ci illustra la conquista dei campi e dei terreni nei paesi in via di sviluppo. Anche il Sole 24 Ore pubblica un'intera pagina a questo riguardo (purtroppo non ho trovato il link) con una bella mappa dei maggiori affari per decine di milioni di ettari. La Cina per esempio sta trattando l'acquisto in Congo di 2,8 milioni di ettari, così come fondi governativi del Bahrain o dell'Arabia Saudita danno la caccia a terreni arabili sempre in Africa. Qui invece troverete un altro articolo del Daily Star sull' "arraffamento" di terreni, ripreso anche da un sito - creato da un'organizzazione non governativa e non a fine di lucro - dall'esemplare nome di "Farland Grab".
Se poi qualcuno dovesse pensare che tutto ciò accada soltanto lontano dai confini patri, segnalo un'iniziativa mantovana per l'acquisto solidale di terreni nella Bassa. Perchè ci sarà sempre bisogno di qualcosa da mangiare.

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domenica 2 agosto 2009

Il Giappone si prepara ad affrontare la parte forse più drammatica della crisi, quella che morderà la cosidetta economia reale e le famiglie. I dati economici non sono buoni e qui è possibile trovare qualche interessante valutazione. Con una scansione temporale che probabilmente vedrà le stesse tappe anche in Europa, le grandi aziende vedono qualche speranza, godono temporaneamente di qualche numero meno drammatico e ricominciano a produrre: vale per le grandi aziende automobilistiche e anche per il mercato della moda, settore particolarmente sensibile a crisi e recuperi.

Per i giovani, intanto, lacrime e sangue. Per le giovani, invece, se avvenenti, qualche speranza c’è.

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giovedì 19 febbraio 2009

L'economia nel golfo Persiano

A Dubai le cose non vanno bene. La crisi mondiale e l'esplosione dei debiti colpisce duro chi conta(va) soltanto su servizi finanziari, immobiliare e turismo. Migliaia di manager che vantavano l'ambito status di "expat", con ricco corollario di SUV, appartamento pagato dal datore di lavoro, benefit e viaggi aerei pagati verso casa, adesso scappano. Letteralmente. Lasciano in fretta e furia l'automobile lussuosa nel parcheggio dell'aeroporto internazionale e si imbarcano sul primo aereo verso casa, pagando anche il biglietto. A Dubai la legge non tollera debitori che non riescono a pagare e li condanna al carcere. Non si scherza.
Allo stesso tempo, altri emirati galleggiano in buona salute: è il caso di Abu Dhabi, che molti già considerano la Dubai del futuro. E' il caso di altri stati, come il Qatar o il regno del Bahrain, che continua il proprio sviluppo, basato su finanza più lungimirante e su una oculata scelta degli investimenti permessi dall'alto prezzo del petrolio fino a pochi mesi fa.

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venerdì 30 gennaio 2009

Garante della Privacy e social network

E' di poco tempo fa l'ottimo post di Luca sui rischi che i social network rappresentano per la privacy di ognuno di noi. Inoltre, troppo spesso non si colgono le possibili conseguenze di avventate pubblicazioni di foto, messaggi di stato e sulle bacheche, richieste di informazioni, brani, ecc.
Volevo segnalare due freschissime "prese d'atto" del Garante della Privacy, nell'ambito di un convegno tenutosi ieri. Qui e qui, i documenti.

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lunedì 26 gennaio 2009

Pfizer e Wyeth

E' la storia del giorno sui mercati finanziari. Non metterò troppi link; una ricerca su Google restituirà migliaia di lanci di agenzia e di articoli di approfondimento.
Due sono gli aspetti dei quali mi preme blaterare.
Innanzittutto, le informazioni sul "deal" ricavate con la funzione search di Twitter. Probabilmente i contenuti estrapolati da Twitter non eliminano la necessità degli articoli delle grandi agenzie di stampa o dei giornali (tradizionali o online, ammesso che ci sia ancora differenza), spesso anzi li richiamano. Ho apprezzato però la possibilità di tastare davvero il polso della situazione: i cinguettii di dipendenti delle due società coinvolte nella fusione, di cacciatori di teste, di consulenti, consentono di ricostruire un quadro più reale della situazione, più variegato e in alcuni casi di capire dove soffia il vento.
Il secondo aspetto che mi ha colpito è relativo alla vetustà e all'inutilità della conferenza stampa dei due CEO. La registrazione è on line, mando una richiesta e ricevo l'appuntamento su Outlook, ma la tecnologia si ferma qui: niente netmeeting, niente streaming, nessuna tecnologia davvero utile a modificare lo stantio modo di procedere in situazioni del genere. Domande preconfezionate e noia mortale, non ravvivata neanche da una domanda sui fondi offshore della Pfizer.
Per non parlare, poi, delle parole e dei concetti usati dai due sommi capi: una sfilza di stable, long-term, shareholder's value creation, pipeline optimization, portfolio combination, tackle costs, safeguard the chain of products, innovation is core, future is where opportunities come from, best possible position, key for the future, streamlined focused, ecc. Insomma, niente che un buon generatore automatico di discorsi di business non avrebbe potuto creare.
Ecco, la conclusione potrebbe essere quella di un post di un blog (toh, guarda un po') del The Atlantic (poi ripreso dal WSJ): il pitone - la Pfizer - ha deciso di andare a pranzo, mangiare il boccone di maggiore valore immediato, "pfizerizzando" la preda, e guardare le altre prede che respirano a fatica, ancora tremanti per lo scampato pericolo. Qualcun altro parla di tagli fino all'osso.
Insomma, "This is not anyone's idea of a sustainable business model".

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