giovedì 29 novembre 2007

I super-fondi governativi

Il potere dei fondi governativi, ovvero dei concetti del private equity applicato ai soldi gestiti dai governi, sta aumentando. Le cronache finanziarie non fanno che informarci dello shopping sfrenato che i fondi arabi, ma non solo, praticano. Poco conosciuto, ma potentissimo è, per esempio, il fondo pensioni del governo norvegese (qui, un vecchio articolo de Il Sole 24 ore). Pensate ai soldi della vostra pensione amministrati e gestiti in modo impeccabile, tale da conquistare vere e proprie vette di profitti: in Norvegia, grazie al petrolio e a ogni ben di Dio di energie che madre natura ha voluto loro fornire, questa è la realtà.

Qui di seguito, trovate un interessante articolo di Francesco Spini, tratto da La Stampa di oggi.

“Altro che hedge fund. Altro che private equity. Sono rimasti silenti per quasi 50 anni. Ora, forti dei loro tremila miliardi di dollari di attivi, i fondi sovrani - i sovereign wealth fund, come li chiamano a Wall Street e dintorni - hanno iniziato a giocare la loro partita negli equilibri della finanza mondiale, come dimostra l’investimento da 7,5 miliardi di dollari di Abu Dhabi in Citigroup.

Partono da lontano, i fondi governativi. È il 1953 quando il Kuwait, al tempo ancora protettorato britannico, dà un tocco di creatività alla propria florida finanza. Il dilemma degli emiri, al tempo, era frutto di lungimiranza: il petrolio porta più dollari di quanto il Paese abbia bisogno. Quindi perché non farli fruttare costituendo un fondo? Nasce così il Kuwait Investment Authority. Oggi una ventina di paesi hanno un fondo sovrano, alimentato con fondi statali.

Ecco i comuni denominatori: sono appannaggio dei paesi produttori di petrolio e delle economie emergenti caratterizzate da un generoso avanzo commerciale. Per tutti insomma vale lo stesso principio: investire il surplus pubblico, i soldi in eccesso, in attività che facciano fruttare tale liquidità in vista dei possibili periodi di magra. Per quando il petrolio finirà la sua corsa. E per quando il vento dell’economia avrà cambiato direzione.
Ad avere un fondo sovrano sono per lo più i paesi produttori di greggio: il più grande è quello di Abu Dhabi,con circa 900 miliardi di dollari di patrimonio.

Quindi troviamo l’Arabia Saudita con diversi portafogli, il Brunei, l’Alaska, perfino la Norvegia. E poi, sul fronte dei Paesi emergenti, svettano Cina, Singapore, Russia. Se, come segnala il dipartimento di ricerca del Fondo Monetario Internazionale, negli Anni 90 la loro potenza di fuoco non superava i 500 miliardi di dollari, entro il 2012 potrebbe raggiungere i 10 mila miliardi, poco meno dei 12 mila miliardi del pil Usa. Merito di un petrolio al galoppo e delle economie del Far East in continua ascesa.

E se fino a qualche anno fa gli investimenti di questi fondi erano principalmente valute estere e metalli preziosi, ora vanno diversificando. Scopo: guadagnare di più, cogliendo le occasioni che anche la crisi legata ai mutui subprime sta facendo emergere in giro per il mondo, in specie negli Stati Uniti.

Attraverso i fondi, dunque, stati come la Cina - che ha la maggiore esposizione sul debito Usa, accanto al Giappone - stanno comprando fette rilevanti della stessa economia d’Oltreoceano. A maggio fece impressione l’acquisto da parte di un fondo cinese, sempre di riferimento governativo, del 10% di Blackstone, il colosso Usa del private equity. A ottobre è stata la volta di Bearn Stearns, finita nel mirino di un altra finanziaria statale, che si è accaparrata il 6% della banca. Ieri l’ultimo colpo porta la firma dell’Abu Dhabi Investment Authority (il cui fondo gemello Mubadala aveva rilevato il 7,5% di Carlyle) con la sua mossa su Citi. E che lancia i «sovrani» nel ruolo di ciambella di salvataggio in un mercato in crisi di liquidità.
Anche l’Italia, per altri motivi, da tempo è finita nel mirino degli attenti investitori sovrani, specie arabi. Sempre ad Abu Dhabi è finito il 5% di una perla del «made in Italy» come Ferrari e il 35% di Piaggio Aero. In attesa che si concretizzi l’auspicio di Tarak Ben Ammar, rappresentante dei soci internazionali di Piazzetta Cuccia: l’ingresso di un fondo sovrano arabo nel tempio della finanza italiana, Mediobanca.”

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lunedì 19 novembre 2007

Il declino di Starbucks


Massimo Gaggi, uno dei miei preferiti editorialisti del Corriere della Sera, pubblica oggi un pezzo su Starbucks. E il leit-motiv è sempre lo stesso: il caffè americano per antonomasia è sulla strada del declino. Il titolo è ai minimi da due anni e mezzo, la magia - dice Gaggi - è finita. Ha ragione, non è soltanto una questione di flussi di cassa, di dividendi o di solidità finanziaria: molti ritengono che Starbucks sia ancora un buon titolo e che non può scendere oltre. Quello che si è perso è invece l'aura di caffetteria d'elite, l'esperienza del "prendere un caffè da Starbucks", il piacere del tempo lento ed elitario e anche - non ultimo, come sottolineato nell'ultimo paragrafo - l'aroma forte e inconfondibile di caffè tostato.
Sul sito della BBC, invece, qualche arido ma utile numero. I profitti dell'ultimo trimestre sono schizzati verso l'alto (+35%), ma le previsioni per il 2008 sono grigie nel mercato più importante, gli USA. La solita storia dell'aumento delle materie prime (sappiamo bene che non può essere soltanto questo); in compenso, si prevede l'apertura di ben 2500 nuovi negozi nell'anno fiscale 2008, appena cominciato.

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venerdì 16 novembre 2007

Se ti vendo la Freccia Alata ...

Le Compagnie aeree scoprono di avere un enorme asset: i propri frequent-flyer. Negli anni hanno accumulato miglia come formichine e difeso a spada tratta il proprio sistema di accumulo, scegliendo a volte biglietti più costosi pur di viaggiare con una determinata compagnia aerea oppure decidendo di viaggiare in aereo anche quando il treno sarebbe più rapido (tenuto conto degli spostamenti e delle attese). Ora potrebbero essere venduti: ci stanno pensando seriamente in Nord America. Air Canada l'ha già fatto. L'asset vale miliardi e miliardi di dollari e in giro sono tanto i business pronti ad acquistarli per rimpinguare le casse delle compagnie aeree.

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giovedì 15 novembre 2007

L'idraulico polacco torna a casa


Avremmo mai detto soltanto dieci anni fa che l'idraulico polacco, simbolo dell'incubo francese - estesosi come un incendio in tutta l'Europa occidentale - di perdere il posto di lavoro, avrebbe fatto dietrofront e sarebbe tornato al paesello natio? L'economia dei paesi baltici galoppa, i salari si adeguano e gli idraulici non ritengono più così conveniente l'emigrazione.
Qui, un bell'articolo del sempre interessantissimo Guardian, che illustra i processi socio-economici in corso al riguardo.

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Ordinare una pizza? Roba per geeks


Le maggiori catene di pizzerie negli USA adottano sistemi sempre più avanzati per permettere ai propri clienti di ordinare la pizza. Non è una curiosità tecnologica, ma la necessità di essere in linea con i tempi e con un mercato che vale 28,5 miliardi di dollari (dati 2006).
Papa John's (6,9% del mercato), Domino's (11%) e Pizza Hut (18%) lasciano i clienti utilizzare gli SMS con il telefonino, oppure il web con qualsiasi esempio di device portatile. E' possibile anche definire i propri menù preferiti, non dovendo a quel punto fare niente altro che digitare, ad esempio, "FAV1," "FAV2," "FAV3," o "FAV4".

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mercoledì 14 novembre 2007

La Cina alle prese con l'inflazione


Doveva succedere. Uno sviluppo fin troppo pompato, produttività e consumi alle stelle, solido ancoraggio delle riserve al dollaro USA. Nel mese di ottobre l'inflazione in Cina raggiunge il 6,5% su base annua. I prezzi dei generi alimentari sono aumentati del 17,6% nel corso dello stesso mese: in particolare è schizzato alle stelle il prezzo della carne di maiale, che ha raggiunto aumenti del 55%.
Sul Corriere della Sera di ieri (purtroppo non ho trovato il link), un interessante articolo di Bill Emmott, ex direttore dell'Economist, disegna i futuri possibili scenari per la Cina nell'era dell'inflazione. La moneta cinese non è rivalutata da anni e ha, ovviamente, raggiunto un peso non indifferente, aiutando pesantemente l'esportazione. Il petrolio (che la Cina acquista come se fosse acqua minerale) a 100 dollari impone un cambio di prospettiva: l'uso della moneta finalizzato al controllo dell'inflazione piuttosto che alla difesa delle esportazioni. Una forte rivalutazione nel breve-medio termine appare pertanto necessaria e una riduzione dei forsennati acquisti di petrolio anche. Un conseguente aumento della produzione di energia non basata su combustibili diventerà quindi una priorità.

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martedì 13 novembre 2007

La macchina di Maometto

La Proton, casa automobilistica malese, ha infatti annunciato la produzione di un'automobile fornita di bussola puntata su La Mecca, di uno specifico spazio progettato per contenere una copia del Corano e una sorta di kefiah.
Forse è la reazione fondamentalista per stanare il mercato affogato di automobili straniere?

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Il caffè equo non è buono


Interessante, anche se breve, intervista del Signor Illy alla BBC (qui, il link: il video è visibile nella sezione Business). Pochi concetti, ma chiari: "smettiamola con questa storia del caffè equo e sostenibile, che in pratica significa soltanto comprare a prezzi bassi un prodotto di bassa qualità. Educhiamo invece il consumatore a pretendere un caffè di alta qualità: probabilmente sarà disposto a pagare un po' di più, ma il livello medio della qualità non potrà che salire. Di conseguenza, non potrà che migliorare anche la qualità della vita a monte della filiera". Interessante, no?

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sabato 3 novembre 2007

Non vai al bordello? E io ti licenzio

Incredibile, ma vero, è quello che è successo a un (ex)dirigente della filiale statunitense della Dentsu, colosso giapponese della pubblicità. Steve Biegel ha depositato un ricorso in tribunale contro la propria società per comportamenti scorretti con espliciti riferimenti sessuali durante l'attività lavorativa. In particolare, il dirigente denuncia:
1. di essere stato costretto a immergersi nudo in un bagno termale di Tokyo con il proprio capo;
2. di aver dovuto assistere a ripetute riprese fotografiche "amatoriali" da parte del CEO della Dentsu di parti intime di donne che prendevano il sole su una spiaggia brasiliana;
3. di aver assistito allo stesso trattamento riservato alla tennista Maria Sharapova durante uno shoot pubblicitario in Florida;
4. di essere stato apostrofato negativamente dal proprio capo, dopo aver rifiutato di partecipare alla "visita" in un bordello nella Repubblica Ceca.

La società giapponese annuncia battaglia in tribunale.

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Lo sciopero delle lucciole

E' quello che è partito in Bolivia lo scorso 24 ottobre. Uno sciopero pericoloso, che mette a rischio la salute pubblica. Le circa 35.000 prostitute boliviane che battono legalmente le strade, infatti, rifiuteranno i periodici check-up medici, alzando il tono di una lotta che le ha viste soccombere nella città di El Alto, dove alcuni cittadini hanno bruciato le case d'appuntamento e percosso le operatrici del sesso.
In questo bell'articolo del Time, maggiori dettagli sociologici e politici.

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